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Al Signior Gio. Miltoni Nobile Inglese.

ODE.

ERGIMI all' Etra ò Clio

Perche di stelle intreccierò corona

Non più del Biondo Dio

La Fronde eterna in Pindo, e in Elicona,
Diensi a merto maggior, maggiori i fregi,
A' celeste virtù celesti pregi.

Non puo del tempo edace

Rimaner preda, eterno alto valore
Non puo l'oblio rapace

Furar dalle memorie eccelso onore,

Su l'arco di mia cetra un dardo forte
Virtù m' adatti, e ferirò la morte.

Del Ocean profondo

Cinta dagli ampi gorghi Anglia resiede

Separata dal mondo,

Però che il suo valor l' umana eccede :

Questa feconda sà produrre Eroi,

Ch' hanno a ragion del sovruman tra noi.

Alla virtù sbandita

Danno ne i petti lor fido ricetto,

Quella gli è sol gradita,

Perche in lei san trovar gioia, e diletto;
Ridillo tu, Giovanni, e mostra in tanto
Con tua vera virtù, vero il mio Canto.

Lungi dal Patrio lido

Spinse Zeusi l' industre ardente brama;
Ch' udio d'Helena il grido

Con aurea tromba rimbombar la fama,
E per poterla effigiare al

paro

Dalle più belle Idee trasse il più raro.

Cosi l'Ape Ingegnosa

Trae con industria il suo liquor pregiato Dal giglio e dalla rosa,

E quanti vaghi fiori ornano il prato; Formano un dolce suon diverse Chorde, Fan varie voci melodia concorde.

Di bella gloria amenta

Milton dal Ciel natio per varie parti
Le peregrine piante

Volgesti a ricercar scienze, ed arti;
Del Gallo regnator vedesti i Regni,
E dell' Italia ancor gl' Eroi piu degni.

Fabro quasi divino

Sol virtù rintracciando il tuo pensiero
Vide in ogni confino

Chi di nobil valor calca il sentiero ;
L'ottimo dal miglior dopo scegliea
Per fabbricar d'ogni virtu l' Idea.

Quanti nacquero in Flora

O in lei del parlar Tosco appreser l'arte,

La cui memoria onora

Il mondo fatta eterna in dotte carte,

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Per te il parlar confuse Giove in vano,
Che per varie favelle

Di se stessa trofeo cadde su'l piano:

Ch' Ode oltr' all Anglia il suo piu degno Idioma Spagna, Francia, Toscana, e Grecia, e Roma.

I piu profondi arcani

Ch' occulta la natura e in cielo e in terra
Ch' à Ingegni sovrumani

Troppo avaro tal' hor gli chiude, e serra,
Chiaromente conosci, e giungi al fine
Della moral virtude al gran confine.

Non batta il Tempo l' ale,

Fermisi immoto, e in un fermin si gl' anni,
Che di virtù immortale

Scorron di troppo ingiuriosi a i danni ;
Che s'opre degne di Poema o storia
Furon gia, l'hai presenti alla memoria.

Dammi tua dolce Cetra

Se vuoi ch' io dica del tuo dolce canto,
Ch' inalzandoti all' Etra

Di farti huomo celeste ottiene il vanto,
Il Tamigi il dirà che gl' e concesso
Per te suo cigno parreggiar Permesso.

Io o che in riva del Arno

Tento spiegar tuo merto alto, e preclaro
So che fatico indarno,

E ad ammirar, non a lodarlo imparo;
Freno dunque la lingua, e ascolto il core
Che ti prende a lodar con lo stupore.

Del sig. ANTONIO FRANCINI,

Gentilhuomo Fiorentino.

• Dr. Johnson thinks, that, after much tumid and trite panegyric, the concluding stanza of this Ode is natural and beautiful.

JOANNI MILTONI

LONDINENSI.

Juveni patria, virtutibus eximio,

VIRO qui multa peregrinatione, studio cuncta orbis terrarum loca perspexit, ut novus Ulysses omnia ubique ab omnibus apprehenderet:

Polyglotto, in cujus ore linguæ jam deperditæ sic reviviscunt, ut idiomata omnia sint in ejus laudibus infacunda; Et jure ea percallet, ut admirationes et plausus populorum ab propria sapientia excitatos intelligat :

Illi, cujus animi dotes corporisque sensus ad admirationem commovent, et per ipsam motum cuique auferunt; cujus opera ad plausus hortantur, sed 'venustate vocem laudatoribus adimunt.

Cui in memoria totus orbis; in intellectu sapientia; in voluntate ardor gloriæ; in ore eloquentia; harmonicos cœlestium sphærarum sonitus astronomia duce audienti; characteres mirabilium naturæ per quos Dei magnitudo describitur magistra philosophia legenti; antiquitatum latebras vetustatis excidia, eruditionis ambages, comite assidua autorum lectione,

Exquirenti, restauranti, percurrenti.

At cur nitor in arduum?

b vastitate. Edit. 1645.

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